La cappella gentilizia
Come si spiega la presenza di una cappella consacrata all’interno di un residenza privata?
In realtà, pensandoci bene, non è difficile farsi venire in mente altre dimore nobiliari che dispongono di un luogo di culto (la Reggia di Versailles, la Venaria Reale...).
Nel suo “piccolo”, anche Palazzo Omodei presenta questa peculiarità: nell’ala est del piano terra si trova infatti la cappella gentilizia che gli Omodei fecero erigere in seguito ad una dispensa, accordata dalla diocesi ambrosiana, nella seconda metà del Cinquecento, alle famiglie nobili. A capo della chiesa milanese si trovava nientemeno che il futuro San Carlo Borromeo, reso celebre da Manzoni ne I Promessi Sposi in quanto antenato del “suo” cardinal Federigo Borromeo (e questo non è l’unico legame tra Palazzo Omodei e il grande romanzo...).
C’era, tuttavia, una condizione: la cappella avrebbe potuto essere costruita solo se si fosse garantito l’accesso anche dalla strada, e non solo dall’interno del palazzo. Si evitava, in questo modo, che la messa diventasse un fatto “privatizzato”: almeno in linea teorica, il popolino avrebbe potuto assistere alla funzione religiosa tanto quanto i nobili. Una traccia di questa apertura, simbolica e materiale, alla plebe è rappresentata dalla porta lignea che si può ancora intravedere sulla facciata esterna dal palazzo.
Qualcosa, però, non torna. Nobili e popolani che condividono lo stesso, angusto, spazio indiscriminatamente, seppur davanti a Dio? Difficile a credersi.
In realtà, i membri della famiglia Omodei assistevano alla celebrazione da una posizione “privilegiata”: una tribuna posta nella parte alta della parete ovest della cappella, alla quale si accedeva direttamente dal primo piano del palazzo e della quale si intravede ancora oggi l’impianto ligneo.
Questa collocazione sopraelevata assolveva ad una duplice funzione: permetteva ai nobili di non mescolarsi con l’umile plebe, e li collocava, simbolicamente, in una posizione intermedia tra la terra e il cielo. Il messaggio è chiaro: la nobiltà intercede, presso l’altissimo, con le proprie preghiere in favore del popolino.
Oggi la cappella ci appare particolarmente spoglia, ma nel suo periodo di gloria era un vero tripudio di decorazioni. Grazie al raffinato gusto del cardinale Luigi Alessandro Omodei, infatti, le pareti erano state arricchite da un ciclo di dipinti a tema, naturalmente religioso, ma a farla da padrone era il complesso macchinario che ornava la zona dell’altare.
La pala d’altare, infatti, raffigurante l’Assunta e i santi, era stata realizzata da Storer, uno dei “campioni” dell’arte barocca allievo del celebre Rubens, e sormontava una teca contenente le spoglie di Sant’Adriano. Non soltanto un frammento d’osso o un dente, come spesso capitava, ma l’intero corpo, recuperato dalle catacombe romane in un periodo di “corsa” alle reliquie e fatto portare dal cardinale Omodei presso la sua residenza lombarda per segnalare l’influenza della famiglia.
Mai sentito parlare del gusto barocco per lo stupore?
Ma dove si trovano, oggi, queste bellezze?
La cosa curiosa è che non hanno fatto molta strada, nel corso dei secoli: le opere pittoriche decorano oggi la parrocchia di Regina Pacis a Milanino, mentre la teca con le spoglie di Sant’Adriano si trova nella navata sinistra della parrocchia di San Martino a Cusano.
Un’ulteriore dimostrazione di come il legame tra Palazzo Omodei e Cusano Milanino non sia semplicemente un ricordo del passato, ma un’affascinante traccia del presente.
Testo: Simone Binda